Metto su un
cd metal, che non è proprio il mio genere, lo ammetto, ma se in musica e in
cucina non siamo transgender allora o
siamo a dieta oppure siamo solo dei noiosi galattici. Oppure siamo dei rigidi, frigidi,
praticamente coglioni. Tutti i no che diciamo alla bocca o agli orecchi sono i
no che diremo nella vita a occasioni, tentazioni, gioie e porcate. Per questo
ogni tanto tra Vedder e Capossela ci infilo un po’ di metal. Non a caso, mi
faccio consigliare da chi sa, perché ci sono tanti metalli che portano allergie.
Ma arriviamo
al sodo: la ricetta prevede spaghetti al nero di seppia, calamaretti, bottarga
come se piovesse. Tutto qui? Non proprio. Spaghetti conditi al burro e salvia. Altrimenti per fare
du paste ai calamari, potevo ascoltare la pizzica salentina senza scomodare i
Soilwork e il death metal svedese.
Ora detto
tra fiorentini, il metal coi calamaretti c’entra come il culo con le quarant’ore,
ma un esame più accurato rivela non poche affinità.
L’accoppiata
calamari e burro e salvia non è la genialata mia, che voglio fare l’originale,
la ricetta è più o meno scopiazzata, riadattata, tentata. Chissene, tanto alla fine l’unico veramente originale è
stato Adamo, pure a peccare. Dopo di lui siamo tutti più o meno a copiare, sia
nel peccato che non.
Vai con gli
ingredienti:
Spaghetti al
nero di seppia del pastificio Morelli. Ho sempre creduto che la pasta
aromatizzata e colorata fosse un insulto, una pasta a forma di Italia da
vendere ai turisti in vari colori al prezzo dell’uranio. E conseguentemente
tossica. Poi ho incontrato il signor Morelli che mi ha spiegato alcune cose e
soprattutto mi ha dato diversi chili di pasta, anche aromatizzata, da provare. E
gli ho trovato una ragione. Per gli spaghetti al nero di seppia la ragione sta
nel colore, nel germe di grano, nella masticabilità e in quel fine retrogusto
che ha lo scopo di esaltare e prolungare il sapore del sugo abbinato. Quindi bass
guitarist lo spaghetto al nero. Avrebbe
potuto anche essere senza inchiostro, spaghetto bianco su calamaro bianco. In pratica
è come se ci fosse Saturnino a suonare il basso con gli Iron Maiden. Buono e
bravo ma troppo poco black per essere Steve Harris e sposare i calamaretti.
Il burro e
salvia sono la voce growl di questa ricetta. Ringhiano e urlano sopra gli
spaghetti al nero, ma quando incontrano un paio di anelli di calamari si fanno voci
bianche. Come se d’improvviso udiste la voce di Cristina d’Avena al posto di
Guido Meda a commentare il motogp. Occhio
alla salvia, che poi fa gli acuti e può stonare sulle altre voci; ma lei ci
tiene e a dirmi che sono io che non capisco il genere, che lei, la salvia è
heavy, se la leghi al pesce è metal pesante, è la schitarrata di Van Halen
dentro beat it di Michael Jackson.
Alla faccia di tutte le boccucce da britpop per cui il burro e salvia sta coi
ravioli di magro.
I calamaretti:
più che metal sono metallari. Chiodo e borchie, si fanno duri come sassi appena
sentono il calore o vedono la luce di una fiamma. Testa con un solo occhio ma
tanti capelli tentacoli per praticare bene l’headbanging: quella strana
attitudine dei metallari di muovere la testa su e giu, avanti e indietro
ondeggiando le chiome. A volte non seguono una direzione vera e propria,
soprattutto dopo qualche litro di birra bevuta. Pertanto pulire bene i calamaretti, spogliarli
del chiodo e di tutto quel nero, decapitarli, cioè rasare le chiome e passarli
a fuoco violento per pochi secondi. Resteranno bianchi e teneri e tanto
saporiti. Proprio come i metallari: duri fuori e teneri dentro. Così dicono..
E la bottarga? Non capisco perché si usa al femminile, lei
che nel sapore forte e deciso ha la femminilità di Hulk Hogan. E in questo
forse somiglia vagamente a una metallara di quelle col trucco leggero come Platinette. Comunque ha da essere di muggine, gialla e ambrata per risaltare
sullo spaghetto nero. Perché non tutto il metal è ferro; c’è anche l’oro e
luccica.
Special thank to Spag. Che non è l’abbreviazione di spaghetto, ma sta pur sempre a indicare roba di qualità.
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