mercoledì 16 agosto 2017

METAL SPAGHETTI AI CALAMARI

Metto su un cd metal, che non è proprio il mio genere, lo ammetto, ma se in musica e in cucina non siamo  transgender allora o siamo a dieta oppure siamo solo dei noiosi galattici. Oppure siamo dei rigidi, frigidi, praticamente coglioni. Tutti i no che diciamo alla bocca o agli orecchi sono i no che diremo nella vita a occasioni, tentazioni, gioie e porcate. Per questo ogni tanto tra Vedder e Capossela ci infilo un po’ di metal. Non a caso, mi faccio consigliare da chi sa, perché ci sono tanti metalli che portano allergie.
Ma arriviamo al sodo: la ricetta prevede spaghetti al nero di seppia, calamaretti, bottarga come se piovesse.  Tutto qui? Non proprio.  Spaghetti  conditi al burro e salvia. Altrimenti per fare du paste ai calamari, potevo ascoltare la pizzica salentina senza scomodare i Soilwork e il death metal svedese.
Ora detto tra fiorentini, il metal coi calamaretti c’entra come il culo con le quarant’ore, ma un esame più accurato rivela non poche affinità.
L’accoppiata calamari e burro e salvia non è la genialata mia, che voglio fare l’originale, la ricetta è più o meno scopiazzata, riadattata, tentata. Chissene,  tanto alla fine l’unico veramente originale è stato Adamo, pure a peccare. Dopo di lui siamo tutti più o meno a copiare, sia nel peccato che non.
Vai con gli ingredienti:
Spaghetti al nero di seppia del pastificio Morelli. Ho sempre creduto che la pasta aromatizzata e colorata fosse un insulto, una pasta a forma di Italia da vendere ai turisti in vari colori al prezzo dell’uranio. E conseguentemente tossica. Poi ho incontrato il signor Morelli che mi ha spiegato alcune cose e soprattutto mi ha dato diversi chili di pasta, anche aromatizzata, da provare. E gli ho trovato una ragione. Per gli spaghetti al nero di seppia la ragione sta nel colore, nel germe di grano, nella masticabilità e in quel fine retrogusto che ha lo scopo di esaltare e prolungare il sapore del sugo abbinato. Quindi bass guitarist lo spaghetto al nero.  Avrebbe potuto anche essere senza inchiostro, spaghetto bianco su calamaro bianco. In pratica è come se ci fosse Saturnino a suonare il basso con gli Iron Maiden. Buono e bravo ma troppo poco black per essere Steve Harris e sposare i calamaretti.


Il burro e salvia sono la voce growl di questa ricetta. Ringhiano e urlano sopra gli spaghetti al nero, ma quando incontrano  un paio di anelli di calamari si fanno voci bianche. Come se d’improvviso udiste la voce di Cristina d’Avena al posto di Guido Meda a commentare il motogp.  Occhio alla salvia, che poi fa gli acuti e può stonare sulle altre voci; ma lei ci tiene e a dirmi che sono io che non capisco il genere, che lei, la salvia è heavy, se la leghi al pesce è metal pesante, è la schitarrata di Van Halen dentro beat it di Michael Jackson. Alla faccia di tutte le boccucce da britpop per cui il burro e salvia sta coi ravioli di magro.
I calamaretti: più che metal sono metallari. Chiodo e borchie, si fanno duri come sassi appena sentono il calore o vedono la luce di una fiamma. Testa con un solo occhio ma tanti capelli tentacoli per praticare bene l’headbanging: quella strana attitudine dei metallari di muovere la testa su e giu, avanti e indietro ondeggiando le chiome. A volte non seguono una direzione vera e propria, soprattutto dopo qualche litro di birra bevuta.  Pertanto pulire bene i calamaretti, spogliarli del chiodo e di tutto quel nero, decapitarli, cioè rasare le chiome e passarli a fuoco violento per pochi secondi. Resteranno bianchi e teneri e tanto saporiti. Proprio come i metallari: duri fuori e teneri dentro. Così dicono..
E la bottarga? Non capisco perché si usa al femminile, lei che nel sapore forte e deciso ha la femminilità di Hulk Hogan. E in questo forse somiglia vagamente a una metallara di quelle col trucco leggero come Platinette. Comunque ha da essere di muggine, gialla e ambrata per risaltare sullo spaghetto nero. Perché non tutto il metal è ferro; c’è anche l’oro e luccica.

Special thank to Spag. Che non è l’abbreviazione di spaghetto, ma sta pur sempre a indicare roba di qualità.

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